Sarà Istanbul la capitale europea della cultura per il 2010. Una scelta simbolica importante, perfetta per gettare ponti dalla città ponte per eccellenza, e per valorizzare un patrimonio millenario che accomuna i popoli al di qua e al di là del Bosforo.
Sullo sfondo, tuttavia, non appaiono altrettanto felici le premesse dell’anno che si apre per i cristiani turchi. Riferisce Asianews che, “incredibile ma vero”, la sede designata per ospitare il Segretariato per l’ingresso della Turchia nell’Unione europea è un edificio sequestrato alla comunità cristiano-ortodossa negli anni Novanta. Inaugurata a dicembre con grande pompa direttamente dal primo ministro Erdogan, la sede si trova a Ortakoy, il quartiere di Istanbul sotto il primo ponte sul Bosforo. Pima della confisca, scrive ancora Nat da Polis su Asianews, “l’edificio era adibito a scuola elementare per i ragazzi della minoranza ortodossa di Ortakoy. Qui, una volta viveva una fiorente comunità cristiana ortodossa, ormai inesistente per le epurazioni del passato nei confronti delle minoranze, eseguite dal ‘laicissimo’ Stato turco”. Invano la comunità ancora a Istanbul ha fatto ricorso ai tribunali amministrativi della città, che per ora non si sono pronunciati.
La questione, nel frattempo, rischia di diventare l’ennesimo e penoso paradosso di un Paese che ufficialmente aspira all’Europa ma non dimostra l’intenzione di onorare alcuni minimi codici di rispetto delle minoranze. Ora, attraverso la fondazione che la rappresenta, la minoranza cristiano-ortodossa ha fatto sapere che si accontenterebbe di un contratto simbolico di locazione alla nazione turca. Una richiesta mite, lontanissima dalle trappole della guerra di religione. Chissà se la Turchia saprà cogliere l’occasione.